Questo articolo presenta un’esplorazione delle configurazioni della presenza animale nell’opera di Fabio Pusterla e propone una mappatura di tentativi e delle strategie di avvicinamento all’animalità non-umana così come si configura in due fra le sue raccolte maggiori: Concessione all’inverno (1985) e Bocksten (1989). In una prima parte, l’articolo discute una serie di contesti teorico-critici di riferimento, soffermandosi sulle potenzialità del pensiero ecopoetico e di quello ecoregionale. In una seconda parte, il lavoro propone l’analisi di due testi esemplari: Il dronte e L’anguilla del Reno, che incarnano alcune delle caratteristiche fondamentali degli incontri più-che-umani all’interno del verso pusterliano. L’indagine si concentra in particolare su un utilizzo fisico del linguaggio e sulla materializzazione - nei versi e nelle forme - di ibridazioni, trasformazioni e mutazioni del soggetto poetico. Queste traiettorie vogliono suggerire, più in generale, il potenziale della poesia come linguaggio ecologico, capace, grazie soprattutto alle sue qualità ritmiche, di restituire un’idea di mondo fluida, relazionale, e inclusiva.